L’Ipermestra, Venezia, Bettinelli, 1745

 DELL’IPERMESTRA ATTO PRIMO
 
 
 SCENA PRIMA
 
 IPERMESTRA, ELPINICE e cavalieri
 
 ELPINICE
 I teneri tuoi voti alfin seconda
 propizio il padre, o principessa; alfine
 all'amato Linceo
 un illustre imeneo
5oggi ti stringerà. Vedi il contento
 che imprime in ogni fronte
 la tua felicità. Quanti da questa
 eccelsa coppia eletta,
 quanti dì fortunati il mondo aspetta!
 IPERMESTRA
10No, mia cara Elpinice,
 al par di me felice
 oggi non v'è chi possa dirsi. Ottengo
 quanto seppi bramar. Linceo fu sempre
 la soave mia cura. Il suo valore,
15la sua virtù, tanti suoi pregi e tanti
 meriti suoi mi favellar di lui,
 che a vincere il mio core
 dell'armi di ragion si valse amore.
 ELPINICE
 Ah così potess'io
20al principe Plistene in questo giorno
 unir la sorte mia. Tu sai...
 IPERMESTRA
                                                 Ne lascia
 la cura a me. Dal real padre io spero
 ottenerne l'assenso. In dì sì grande
 nulla mi niegherà.
 ELPINICE
                                     Qual mai poss'io
25generosa Ipermestra...
 IPERMESTRA
                                            Ah tu non sai
 che gran felicità per l'alma mia
 è il far altri felici.
 ELPINICE
                                   I fausti numi
 chi tanto a lor somiglia
 custodiscan gelosi.
 IPERMESTRA
                                     Ancor Linceo
30non veggo comparir. Che fa? Dovrebbe
 già dal campo esser giunto. Ah fa', se m'ami,
 che alcun l'affretti. Alla letizia nostra
 la sua congiunga ormai;
 tempo sarebbe; abbiam penato assai.
 ELPINICE
 
35   Abbiam penato, è ver,
 ma in sì felice dì
 oggetto di piacer
 sono i martiri.
 
    Se premia ognor così
40quei che tormenta amor,
 oh amabile dolor!
 dolci sospiri! (Parte)
 
 SCENA II
 
 IPERMESTRA, poi DANAO con seguito
 
 IPERMESTRA
 Vadasi al genitor; dal labbro mio
 sappia quanto io son grata e sappia... Ei viene
45appunto a questa volta. Ah padre amato
 il don ch'oggi mi fai molto maggiore
 rende quel della vita. Oggi conosco
 tutto il prezzo di questa. Oggi...
 DANAO
                                                           Da noi
 s'allontani ciascun. (Al seguito che si ritira)
 IPERMESTRA
                                      Perché? M'ascolti
50tutto il mondo, signor. Non arrossisco
 di quei dolci trasporti
 che il padre approva; e a così pure faci...
 DANAO
 Voglio teco esser solo. Odimi e taci.
 IPERMESTRA
 M'è legge il cenno.
 DANAO
                                     Assicurar tu dei
55il trono, i giorni miei,
 la mia tranquillità. Posso di tanto
 fidarmi a te?
 IPERMESTRA
                           M'offende il dubbio.
 DANAO
                                                                  Avrai
 costanza e fedeltà?
 IPERMESTRA
                                     Quanta ne deve
 ad un padre una figlia.
 DANAO
                                            Or questo acciaro (Le dà un pugnale)
60prendi; cauta il nascondi; e quando oppresso
 già fral notturno orrore
 fia dal sonno Linceo, passagli il core.
 IPERMESTRA
 Santi numi! E perché?
 DANAO
                                            Minaccia il fato
 il mio scettro, i miei dì per man d'un figlio
65dell'empio Egitto. Ancor mi suona in mente
 l'oracolo funesto
 che poc'anzi ascoltai. Né v'è chi possa
 più di Linceo farmi temer.
 IPERMESTRA
                                                   Ma pensa...
 DANAO
 Molto, tutto pensai. Qualunque via
70men facile è di questa
 ed ha rischio maggior. L'aman le squadre,
 Argo l'adora.
 IPERMESTRA
                           (Io non ho fibra in seno
 che tremar non mi senta).
 DANAO
                                                  Il gran segreto
 guarda di non tradir. Componi il volto,
75misura i detti; e nel bisogno all'ire
 poi sciogli il freno. Osa, ubbidisci e pensa
 che un tuo dubbio pietoso
 te perde e me, senza salvar lo sposo.
 
    Pensa che figlia sei;
80pensa che padre io sono,
 che i giorni miei, che il trono,
 che tutto io fido a te.
 
    Della funesta impresa
 l'idea non ti spaventi;
85e se pietà ti senti
 sai che la devi a me. (Parte)
 
 SCENA III
 
 IPERMESTRA sola, indi LINCEO
 
 IPERMESTRA
 Misera che ascoltai! Son io? Son desta?
 Sogno forse o vaneggio? Io nelle vene
 del mio sposo innocente... Ah pria m'uccida
90con un fulmine (Getta il pugnale) il ciel; pria sotto al piede
 mi s'apra il suol... Ma... Che farò? Se parlo,
 di Linceo la vendetta esser funesta
 potrebbe al genitor. Linceo, se taccio,
 lascio esposto del padre all'odio ascoso.
95Oh comando! Oh vendetta! Oh padre! Oh sposo!
 E quando giunga il prence
 come l'accoglierò? Con qual sembiante,
 con quai voci potrei?... Numi! In pensarlo
 mi sento inorridir. Fuggasi altrove;
100in solitaria parte
 si nasconda il dolor che mi trasporta. (Vuol partire)
 LINCEO
 Principessa, mio nume?
 IPERMESTRA
                                               (Oimè! Son morta).
 LINCEO
 Giunse pur quel momento
 che tanto sospirai. Chiamarti mia
105posso pure una volta. Or sì che l'ire
 tutte io sfido degli astri, o mio bel sole.
 IPERMESTRA
 (Oh dio! Non so partire,
 non so restar, non so formar parole).
 LINCEO
 Ma perché principessa in te non trovo
110quel contento ch'io provo? Altrove i lumi
 tu rivolgi inquieta e sfuggi i miei?
 Che avvenne? Non tacer.
 IPERMESTRA
                                                (Consiglio oh dei!)
 LINCEO
 Questa felice aurora
 bramasti tanto e tanti voti a tanti
115numi per lei facesti; or spunta alfine
 e sì mesta ne sei! Cangiasti affetto?
 Dell'amor di Linceo stanco è il tuo core?
 IPERMESTRA
 
    Ah non parlar d'amore,
 sappi... (Che fo?) Dovrei...
120Fuggi dagli occhi miei,
 ah tu mi fai tremar.
 
    Fuggi, che s'io t'ascolto,
 che s'io ti miro in volto
 mi sento in ogni vena
125il sangue, oh dio, gelar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 LINCEO solo, poi ELPINICE e PLISTENE l’un dopo l’altro
 
 LINCEO
 Questi son gl'imenei! Son d'una sposa
 questi i dolci trasporti? In questa guisa
 Ipermestra m'accoglie? Onde quel pianto?
 Quell'affanno perché? Di qualche fallo
130mi crede reo? Qualche rival nascosto
 di maligno velen sparse a mio danno
 forse quel cor? Ma chi ardirebbe... Ah questo
 vindice acciar nell'empie vene... Oh vano,
 oh inutile furore! Il colpo io sento
135che l'alma mi divide
 ma non so chi m'insidia o chi m'uccide.
 ELPINICE
 Fortunato Linceo, contenta a segno
 son io de' tuoi contenti...
 LINCEO
                                               Ah principessa,
 l'anima mi trafiggi. Io de' mortali,
140io sono il più infelice.
 ELPINICE
 Tu! Come?
 PLISTENE
                        In questo amplesso
 un testimon ricevi
 del giubilo sincero
 onde esulto per te. Tu godi e parmi...
 LINCEO
145Amico, ah per pietà non tormentarmi.
 PLISTENE
 Perché?
 LINCEO
                  Son disperato.
 ELPINICE
                                               Or che alla bella
 Ipermestra t'accoppia un caro laccio,
 disperato tu sei?
 LINCEO
                                  Mi scaccia, oh dio,
 Ipermestra da sé; vieta Ipermestra
150ch'io le parli d'amor; non più suo bene
 Ipermestra m'appella;
 Ipermestra cangiò, non è più quella.
 PLISTENE
 Che dici?
 LINCEO
                     Ah se v'è noto
 chi quel cor m'ha sedotto,
155non mel tacete amici. Io vuo'...
 ELPINICE
                                                          T' inganni.
 Ipermestra non ama
 che il suo Linceo, lui solo attende...
 LINCEO
                                                                 E dunque
 perché da sé mi scaccia?
 Perché fugge da me? Così turbata
160perché m'accoglie?
 PLISTENE
                                      E la vedesti?
 LINCEO
                                                                Or parte
 da questo loco.
 ELPINICE
                              Ed Ipermestra istessa
 sì turbata ti parla?
 LINCEO
 Così morto foss'io pria d'ascoltarla.
 
    Di pena sì forte
165m'opprime l'eccesso.
 Le smanie di morte
 mi sento nel sen.
 
    Non spero più pace,
 la vita mi spiace.
170Ho in odio me stesso,
 se m'odia il mio ben. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ELPINICE e PLISTENE
 
 ELPINICE
 Plistene, ah che sarà? Come in un punto
 Ipermestra cangiossi?
 PLISTENE
                                           Io nulla intendo,
 non so che immaginar.
 ELPINICE
                                             Questo mancava
175novello inciampo al nostro amor. Turbati
 gl'imenei d'Ipermestra, ancor le nostre
 speranze ecco deluse. Ah questa è troppo
 crudel fatalità. Sotto qual mai
 astro nemico io nacqui? Anche nel porto
180per me vi son tempeste.
 PLISTENE
                                               In queste care
 intolleranze tue, bella Elpinice,
 perdona, io mi consolo. Esse una prova
 son del vero amor tuo. Questa sventura
 mi priva della man qualche momento
185ma del cor m'assicura e son contento.
 ELPINICE
 Sì dolorose prove
 dar non vorrei dell'amor mio. Di queste
 tu ancor ti stancherai.
 PLISTENE
                                           No, non si trova
 pena che all'alma mia
190per sì degna cagion dolce non sia.
 ELPINICE
 So che fido sei tu; ma so che troppo
 sventurata son io.
 PLISTENE
                                   Deh non conviene
 disperar così presto. Esser potrebbe
 questo che ci minaccia
195un nembo passaggier. Chi sa? Talora
 un mal inteso accento
 stravaganze produce. Almen si sappia
 la cagion che ci affligge ed avrem poi
 assai tempo a dolerci.
 ELPINICE
                                          È ver. L'amico
200a raggiunger tu corri; io d'Ipermestra
 volo i sensi a spiar. Secondi amore
 le cure nostre. Il tuo parlar m'inspira
 e fermezza e coraggio. Io non so quale
 arbitrio hai tu sopra gli affetti. Oppressa
205ero già dal timor; funesto e nero
 pareami il ciel; tu vuoi che speri; e spero.
 
    Solo effetto era d'amore
 quel timor che avea nel petto;
 e d'amore è solo effetto
210or la speme del mio cor.
 
    Han tal forza i detti tuoi
 che se vuoi prende sembianza
 di timor la mia speranza,
 di speranza il mio timor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 PLISTENE solo
 
 PLISTENE
215Se di toglier procuro all'idol mio
 la pena di temer, quante ragioni
 onde sperar mi suggerisce amore!
 Se il timido mio core
 d'assicurar procuro,
220quanti allor, quanti rischi io mi figuro!
 
    Ma rendi pur contento
 della mia bella il core
 e ti perdono, amore,
 se lieto il mio non è.
 
225   Gli affanni suoi pavento
 più che gli affanni miei,
 perché più vivo in lei
 di quel ch'io viva in me. (Parte)
 
 SCENA VII
 
  Logge interne nella reggia d’Argo. Veduta da un lato di vastissima campagna, irrigata dal fiume Inaco, e dall’altro di maestose ruine d’antiche fabbriche.
 
 DANAO, ADRASTO, da diverse parti
 
 ADRASTO
 Ah signor siam perduti. Il tuo segreto
230forse è noto a Linceo.
 DANAO
                                         Stelle! Ipermestra
 m'avrebbe mai tradito? Onde in te nasce
 questo timor? Vedesti il prence?
 ADRASTO
                                                              Il vidi.
 DANAO
 Ti parlò?
 ADRASTO
                    Lo volea; molto propose,
 più volte incominciò; ma un senso intero
235mai compir non poté. Torbido, acceso,
 inquieto, confuso
 sospirava e fremea. Vidi che a forza
 sugli occhi trattenea lagrime incerte
 fra l'ira e fra l'amor. Senza spiegarsi
240lasciommi alfine; e mi riempie ancora
 l'idea di quell'aspetto
 di pietà, di spavento e di sospetto.
 DANAO
 Ah non tel dissi Adrasto? Era Elpinice
 migliore esecutrice
245de' cenni miei.
 ADRASTO
                               Di fedeltà mi parve
 che assai ceder dovesse
 la nipote alla figlia.
 DANAO
                                      A figlia amante
 troppo fidai. Ma se tradì l'ingrata
 l'arcano mio, mi pagherà...
 ADRASTO
                                                   Per ora
250l'ire sospendi e pensa
 alla tua sicurezza. È delle squadre
 Linceo l'amor; tutto ei potrebbe.
 DANAO
                                                             Ah corri,
 va'; di lui t'assicura e fa'... Ma temo
 che a suo favor... Meglio sarà... No. Troppo
255il colpo ha di periglio. Io mi confondo.
 Deh consigliami, Adrasto.
 ADRASTO
                                                  Or nella reggia
 farò che de' custodi
 il numero s'accresca; al prence intorno
 disporrò cautamente
260chi ne osservi ogni moto e i suoi pensieri
 ci scuopra e i detti suoi. Da quel ch'ei tenta
 prendiam consiglio e ad un rimedio estremo
 senza ragion non ricorriam, che spesso
 l'immaturo riparo
265sollecita un periglio.
 DANAO
                                        Oh saggio, oh vero (L’abbraccia)
 sostegno del mio trono!
 Va'; tutto alla tua fede io m'abbandono.
 ADRASTO
 
    Più temer non posso ormai
 quel destin che ci minaccia;
270il coraggio io ritrovai
 fra le braccia del mio re.
 
    Già ripieno è il mio pensiero
 di valore e di consiglio.
 Par leggiero ogni periglio
275all'ardor della mia fé. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 DANAO, poi IPERMESTRA
 
 DANAO
 Giunse Linceo dal campo e a me sinora
 non comparisce innanzi! Ah troppo è chiaro
 che la figlia parlò. Ma vien la figlia.
 Placido mi ritrovi; e lo spavento
280non le insegni a tacer.
 IPERMESTRA
                                           Posso, o signore,
 sperar che i prieghi miei
 m'ottengano da te che pochi istanti
 senza sdegno m'ascolti?
 DANAO
                                              E quando mai
 d'ascoltarti negai? Teco io non uso
285sì rigidi costumi.
 Parla a tua voglia.
 IPERMESTRA
                                   (Or m'assistete o numi).
 DANAO
 (Mi scuoprì, vuol perdono).
 IPERMESTRA
 Ebbi la vita in dono
 padre da te; me ne rammento e questo
290è degli obblighi miei forse il minore.
 Tu mi donasti un core
 che per non farsi reo
 è capace...
 DANAO
                      T'accheta; ecco Linceo.
 IPERMESTRA
 Deh permetti ch'io fugga
295l'incontro suo.
 DANAO
                             No. Già ti vide; e troppo
 il fuggirlo è sospetto. Il passo arresta;
 seconda i detti miei.
 IPERMESTRA
                                        (Che angustia è questa!)
 
 SCENA IX
 
 LINCEO e detti
 
 DANAO
 Ad un sì dolce invito (A Linceo)
 vien sì pigro Linceo? Tanto s'affretta
300a meritar mercede,
 sì poco a conseguirla?
 LINCEO
                                          I miei sudori,
 le cure mie, la servitù costante,
 tutto il sangue ch'io sparsi
 sotto i vessilli tuoi, della mercede,
305signor, ch'oggi mi dai, degni non sono;
 sol corrisponde al donatore il dono.
 DANAO
 (Doppio parlar!)
 LINCEO
                                  (Par che mirarmi oh dio
 sdegni Ipermestra).
 IPERMESTRA
                                        (Ah che tormento è il mio!)
 DANAO
 Io sperai di vederti
310oggi più lieto, o prence.
 LINCEO
                                             Anch'io sperai...
 Ma... poi...
 DANAO
                       Perché sospiri?
 Qual disastro t'affligge?
 LINCEO
 Nol so.
 DANAO
                Come nol sai?
 LINCEO
                                            Signor...
 DANAO
                                                              Palesa
 l'affanno tuo. Voglio saper qual sia.
 LINCEO
315Ipermestra può dirlo in vece mia.
 IPERMESTRA
 Ma concedi ch'io parta. (A Danao)
 DANAO
 No; tempo è di parlar. Dirmi tu dei
 quel che tace Linceo.
 IPERMESTRA
                                         Ma... Padre... (Impaziente)
 DANAO
                                                                   Ah veggo
 quanto poco degg'io
320da una figlia sperar. Conosco ingrata...
 LINCEO
 Ah non sdegnarti seco,
 signor, per me; non merita Linceo
 d'Ipermestra il dolor. Da sé mi scacci,
 sdegni gli affetti miei, m'odii, mi fugga,
325mi riduca a morir, tutto per lei,
 tutto voglio soffrir; ma non mi sento
 per vederla oltraggiar forze bastanti.
 IPERMESTRA
 (Che fido amor! Che sfortunati amanti!)
 DANAO
 Il dubitar che possa
330Ipermestra sdegnar gli affetti tuoi,
 prence, è folle pensiero.
 Non crederlo.
 LINCEO
                            Ah mio re, purtroppo è vero.
 DANAO
 Non so veder per qual ragion dovrebbe
 cangiar così.
 LINCEO
                          Pur si cangiò.
 DANAO
                                                     Ne sai
335tu la cagion?
 LINCEO
                          Volesse il ciel. Mi scaccia
 senza dirmi perché. Questo è l'affanno
 ond'io gemo, ond'io smanio, ond'io deliro.
 IPERMESTRA
 (Mi fa pietà).
 DANAO
                            (Nulla ei scoprì; respiro).
 LINCEO
 Deh principessa amata
340se veder non mi vuoi
 disperato morir, dimmi qual sia
 almen la colpa mia.
 IPERMESTRA
                                      (Potessi in parte
 consolar l'infelice).
 DANAO
                                     (In lei pavento
 il troppo amor).
 LINCEO
                                Bella mia fiamma ascolta.
345Giuro a tutti gli dei,
 lo giuro a te che sei
 il mio nume maggior, nulla io commisi,
 colpa io non ho. Se volontario errai,
 voglio sugli occhi tuoi
350con questo istesso acciar, con questa destra
 voglio passarmi il cor.
 IPERMESTRA
                                           Prence... (A Linceo)
 DANAO
                                                             Ipermestra! (Temendo che parli)
 IPERMESTRA
 Oh dio!
 LINCEO
                  Parla.
 DANAO
                               Rammenta
 il tuo dover.
 IPERMESTRA
                         (Che crudeltà! Non posso
 né parlar né tacer).
 LINCEO
                                      Né m'è concesso
355di saper, mia speranza...
 IPERMESTRA
 Ma qual è la costanza (Con impeto)
 che durar possa a questi assalti. Alfine
 non ho di sasso il petto; e s'io l'avessi,
 al dolor che m'accora
360già sarebbe spezzato un sasso ancora.
 E che vi feci, oh dei? Perché a mio danno
 insolite inventate
 sorti di pene! Ha il suo confin prescritto
 la virtù de' mortali. Astri tiranni,
365o datemi più forza o meno affanni.
 DANAO
 Che smania intempestiva!
 LINCEO
 Qual ignoto dolor bella mia face?
 IPERMESTRA
 Ah lasciatemi in pace;
 ah da me che volete?
370Io mi sento morir; voi m'uccidete.
 
    Se pietà da voi non trovo
 al tiranno affanno mio,
 dove mai cercar poss'io,
 da chi mai sperar pietà?
 
375   Ah per me dell'empie sfere
 al tenor barbaro e nuovo,
 ogni tenero dovere
 si converte in crudeltà. (Parte)
 
 SCENA X
 
 LINCEO, DANAO
 
 LINCEO
 Io mi perdo, o mio re. Quei detti oscuri,
380quel pianto, quel dolor...
 DANAO
                                               Non ti sgomenti
 d'una donzella il pianto. Esse son meste
 spesso senza cagion ma tornan spesso
 senza cagione a serenarsi.
 LINCEO
                                                  Ah parmi
 ch'abbia salde radici
385d'Ipermestra il dolor; né facilmente
 si sana il duol d'una ferita ascosa.
 DANAO
 Io ne prendo la cura. In me riposa. (Parte)
 LINCEO
 No; che torni sì presto
 a serenarsi il ciel l'alma non spera;
390la nube che l'ingombra è troppo nera.
 
    Io non pretendo, o stelle,
 il solito splendor;
 mi basta in tanto orror
 qualche baleno.
 
395   Che se le mie procelle
 non giunge a tranquillar,
 quai scogli ha questo mar
 mi mostri almeno. (Parte)
 
 Il fine dell’atto primo